Proteggere sé stessi, i propri pazienti e il personale dalle infezioni nosocomiali, e in particolare dalle infezioni del sito chirurgico (SSI) è fondamentale per evitare inutili sofferenze, ma anche per poter risparmiare sui costi, migliorando gli standard di cura e prevenendo la contaminazione.

Circa un paziente su 20 sottoposto a intervento chirurgico svilupperà un’infezione del sito chirurgico; inoltre, il tasso di esposizione del personale al sangue del paziente durante l’intervento raggiunge il 10,4 ogni 100 procedure. È importante garantire la sicurezza del paziente in sala operatoria e proteggere gli operatori sanitari dalle infezioni da malattie trasmesse per via ematica.

Gli operatori sanitari, infatti, sono spesso esposti ad agenti patogeni. Ferite da aghi, di cui si stima siano circa un milione in Europa ogni anno, li mettono a rischio di contrarre malattie trasmesse per via ematica, tra cui l’epatite B, l’epatite C e l’HIV. Il rischio per i pazienti è ancora più elevato. Per questo motivo, noi di AMIL Care pensiamo sia importante approfondire l’argomento delle infezioni del sito chirurgico SSI.

Le infezioni del sito chirurgico (SSI): cosa sono

Le SSI sono potenziali complicanze associate a qualsiasi tipo di procedura chirurgica. Nel mondo hanno ancora una importante incidenza sulla mortalità e sulla morbilità del paziente, e sui costi supplementari a carico del sistema sanitario e degli utenti.

Le SSI sono la tipologia di infezione che nei Paesi a medio e basso reddito ha una maggior probabilità di ospedalizzazione: per questo la prevenzione delle SSI ha ricevuto un’importante attenzione da parte dei professionisti che si occupano del controllo delle infezioni, delle autorità sanitarie e dei mezzi di comunicazione.

Il carico delle infezioni del sito chirurgico

Come si può intuire, le infezioni del sito chirurgico sono particolarmente costose da trattare. Un esempio di SSI potrebbe essere un paziente che sviluppa un’infezione dei tessuti profondi, cosa che lo porterà a dover rimanere ricoverato in ospedale per un periodo di tempo prolungato, occupando uno spazio letto che avrebbe potuto essere utilizzato per altri pazienti.

Come spiega Epicentro, l’epidemiologia per la sanità pubblica dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia, a partire dagli anni Ottanta, sono stati condotti diversi studi per valutare la frequenza di infezioni ospedaliere. Sulla base del protocollo ECDC, l’Italia ha sviluppato uno studio di prevalenza puntuale, condotto su 56 strutture e 14.773 pazienti distribuiti in vari reparti, avvenuto tra ottobre e novembre 2016. Questo studio ha evidenziato come la prevalenza di pazienti con almeno un SSI è risultata del 8,03%. Le infezioni più frequenti sono: di tipo respiratorio (23,5%), batteriemie (18,3%), urinarie (18%), infezioni del sito chirurgico (14,4%).

Per approfondire, rimandiamo alla lettura dello studio redatto dalla World Health Organization.

Infezioni del sito chirurgico o infezioni della sala operatoria: quali sono?

Possiamo classificare tre principali infezioni del sito chirurgico.

  • Infezione del sito chirurgico limitata alla sede di incisione – infezione superficiale.
  • Infezione del sito chirurgico limitata alla sede di incisione – infezione profonda.
  • Infezione del sito chirurgico che coinvolge organi e spazi.

Le infezioni superficiali sono infezioni che si manifestano entro 30 giorni dalla data dell’intervento, e possono coinvolgere solo cute o tessuti sottocutanei nell’area di incisione. In generale, questo tipo di infezione può presentare alcuni sintomi, come:

  • secrezione purulenta dall’incisione;
  • dolore o sensazione di tensione;
  • tumefazione localizzata arrossamento.

Le infezioni profonde si manifestano entro 30 giorni dall’intervento in assenza di impianto protesico, entro un anno in presenza di impianto protesico, e presentano almeno uno dei seguenti sintomi:

  • secrezione purulenta a partenza dai tessuti profondi ma non coinvolgenti organi o spazi limitrofi all’incisione;
  • incisione profonda spontaneamente deiscente o deliberatamente aperta dal chirurgo quando il paziente presenta almeno uno dei seguenti segni, ovvero febbre superiore ai 38°, dolore e/o tensione localizzata a meno che la coltura del sito sia negativa. Ascesso o altre evidenze di infezione osservate all’esame diretto, durante il reintervento, o attraverso esami radiologici o istopatologici. Diagnosi di SSI profonda formulata dal chirurgo o dal medico curante.

Infezioni del sito chirurgico: le cause

Le SSI o infezioni in sala operatoria sono causate dalla contaminazione microbica della ferita chirurgica. I microrganismi possono penetrare:

  • dalla pelle dei pazienti;
  • dai chirurghi e da altro personale di sala operatoria;
  • dall’aria;
  • da superfici o strumenti contaminati utilizzati durante l’intervento chirurgico.

Prevenire le infezioni del sito chirurgico

Prevenire le SSI non è facile. Ad esempio, si stima che circa un terzo della popolazione porti naturalmente il batterio Staphylococcus aureus sulla pelle e nelle narici. Alcuni ceppi di questo batterio, come lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente o MRSA, sono resistenti a diversi antibiotici. Sia gli stafilococchi, sia i batteri degli enterococchi possono sopravvivere per giorni o mesi dopo l’essiccazione su tessuti e plastica ospedalieri comunemente usati.

L’aria è anche una fonte di infezione: gli esseri umani perdono migliaia di “squame” della pelle ogni minuto, ciascuna potenzialmente portatrice di batteri.

Infezioni in sala operatoria: le procedure più rischiose

Le infezioni del sito chirurgico sono infezioni estremamente eterogenee e l’incidenza varia in funzione del tipo di intervento, ma anche delle condizioni del paziente e dell’ambiente ospedaliero. Possono insorgere durante e dopo il ricovero e rappresentano il secondo tipo di infezione più frequente contratta in ambito ospedaliero.

La maggior parte delle SSI viene acquisita in sala operatoria e deriva soprattutto da fonti esogene al paziente come, per esempio, la contaminazione di strumenti o dei guanti, ma possono essere anche di natura endogena quando i microorganismi che le causano sono presenti sulla cute o sulle mucose dei pazienti stessi. Una quota rilevante, circa il 60% di queste, si manifesta dopo la dimissione del paziente.

Medisystem di AMIL Care: un aiuto concreto per combattere le infezioni del sito chirurgico

È grazie all’utilizzo del perossido di idrogeno come principio attivo abbinato ai sali d’argento e alla tecnologia di micronebulizzazione che Medisystem svolge la sua attività di prevenzione e lotta alle infezioni ospedaliere, anche quelle che riguardano il sito chirurgico.

Il perossido di idrogeno conferma infatti sua efficacia su microrganismi di ogni tipo: batteri, virus, spore, funghi, biofilm. La micronebulizzazione permette di saturare l’ambiente eliminando i patogeni attraverso l’ossidazione delle loro membrane cellulari. Il perossido di idrogeno si dissolve poi in acqua e ossigeno, senza lasciare residui. Queste caratteristiche rendono il sistema sicuro e di pratica applicazione.

Medibios plus.hub, la risposta efficace alle SSI

Medibios plus.hub è un Dispositivo Medico di Classe I marchiato CE: un micronebulizzatore brevettato di ultima generazione, pratico, maneggevole e tecnologico, pensato per essere utilizzato in diverse aree ospedaliere. Le impostazioni del trattamento vengono effettuate tramite un display touchscreen.

Medibios plus.hub tratta da 10 a 2000 metri cubi di spazio; permette cicli di disinfezione di alto livello con tecnologia no-touch, insieme a protocolli validati, nelle aree critiche e sui principali patogeni multiresistenti. Il dispositivo può collegarsi a sensori preimpostati, che consentono il riconoscimento della stanza e del programma inserito. Ogni ciclo eseguito genera un report in formato PDF, che può essere salvato su chiavetta USB e stampato.

La combinazione dell’hub Medibios plus con i prodotti chimici disinfettanti AMIL Care forma Medisystem.